IL CORAGGIO UNO SE LO PUO’ DARE
Carissimi
è tradizione consolidata fin dal tempo del Cardinal Giovanni Colombo, che alla vigilia della festa di S. Ambrogio il Vescovo faccia un discorso alla città. Quest’anno, a motivo dell’anniversario che ricorda Manzoni, il Vescovo Mario ha intitolato il suo discorso
“IL CORAGGIO UNO SE LO PUO’ DARE”. Come da tempo l’arcivescovo Mario usa questo discorso contro i seminatori di paura portando avanti e promuovendo l’umanesimo della fiducia, chiamando tutte le istituzioni ad allearsi per il bene comune. Erano due secoli, o giù di lì, che si aspettava che qualcuno desse torto a Don Abbondio: il sistema Don Abbondio è penetrato nella società italiana e consiste nella capacità di schivare le responsabilità anziché assumerle, nel conservarsi cauti, nel trincerarsi dietro all’apparente buon senso, dietro quella frase nota “Il coraggio, uno non se lo può dare”. Qualche volta si ha l’impressione che si diventa forti solo nei discorsi da bar, ma guai ad assumersi delle responsabilità. Certo è che per vivere e per far migliorare la società, tutti dobbiamo metterci un pò di coraggio. E dove si trova il coraggio? “Nella comunità”. E’ qui che si trova il coraggio di difendere il debole e di seminare fiducia. Per il Vescovo Mario avere fiducia negli altri è il rimedio all’epidemia della paura. La paura è una pianta oggi abbondantemente seminata, alimentata dai media, che circola con facilità nei discorsi appunto da bar. L’invito a essere seminatori di fiducia è un invito importante che si inserisce in questo tempo che ci prepara al Natale, guai se non avessimo fiducia. Noi cristiani dobbiamo essere seminatori di speranza, di fiducia per dare voce, gambe, braccia a quel Gesù che viene sempre per salvare l’umanità. La salvezza passa dal non aver paura, dall’avere il coraggio di affrontare le situazioni e di dire la nostra, con educazione ma sapendo che solo così può migliorare il nostro mondo. Nell’attesa del Natale chiediamo al Signore il dono del coraggio per non vivere chiusi nelle nostre paure e fare delle nostre città un deserto.