Trent'anni fa morivano Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti gli uomini della scorta
Carissimi
Trent'anni fa morivano Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti gli uomini della scorta. Tutti questi uomini erano servitori dello Stato, la loro vita è stata certamente un atto d'amore al nostro paese, perché la vita si può donarla solo per amore. Trent'anni sembrano pochi o possono sembrare anche tanti, una cosa è certa non passano mai invano, in trent'anni si possono distinguere tante cose. Innanzitutto si vede come c'è coscienza in tanti di questi fatti gravi che hanno sconvolto gli anni della nostra Repubblica. Questa coscienza ci porta anche a impegnarci, a educare proprio perché la cultura del malaffare non abbia il sopravvento. Questi uomini e donne sono morti perché volevano la creazione di una società nuova che rigettasse tutti quei disvalori legati alla cultura della mafia. Non si è vinto perché per questa cultura di violenza di arroganza purtroppo è presente a tutti i livelli, nonostante l'educazione. Molti in questi anni hanno cercato di fare qualcosa perché il grande patrimonio di conoscenza e di servizio di questi uomini dello Stato non andasse perso, sarebbe stato una nuova morte. La mafia non ha vinto perché si è cercato di far camminare le loro idee con altre gambe. Tanti sono gli insegnanti e gli educatori in genere che in questi anni hanno lavorato e stanno lavorando sul tema della legalità. Sono percorsi lunghi e sempre irti di difficoltà, ma l'educare le nuove generazioni alla cultura del buono e del bello può aiutare e certamente aiuta a far giustizia delle tante persone che sono morte di questi decenni in Italia per far affermare a tutti i livelli la cultura della legalità. Il non dimenticare non vuol dire solo segnare sul calendario i giorni in cui le persone vanno ricordate, il non dimenticare vuol dire lavorare per costruire coscienze nuove, uomini nuovi attraverso la famiglia, la scuola, lo sport, la chiesa cioè trovare quella sintonia nelle varie agenzie educative che ci permette di chiamare le cose e i fatti con il nome che hanno. Come società dobbiamo sempre avere il coraggio di ripartire dai giovani, si deve far capire loro che la vita ha un senso non solo attraverso i singoli eventi ma se costruiamo itinerari in grado di plasmare coscienze mature. Ci illudiamo sempre di non dover più usare strumenti per dire no alla violenza, attenzione a non essere miopi, dobbiamo sempre essere allertati perché spesso quando si tratta di educare si parte sempre da zero.