Una volta il futuro era migliore
Carissimi
in questi giorni sto leggendo un libretto che dice: "Una volta il futuro era migliore". Come dobbiamo valutare questo nostro tempo, come devono valutarlo i giovani?. Innanzitutto dobbiamo rallegrarci di vivere in un paese pacifico e libero, dove lo Stato si fa carico del benessere dei cittadini e li assicura nei confronti di molti rischi, dove tutti possono fruire dei benefici del progresso tecnologico, e che fa ancora parte di una ristretta schiera di nazioni sviluppate. Certo dobbiamo preoccuparci per il divario crescente nel confronto di altre Nazioni Europee, per il degrado che spesso c'è nelle nostre città, per le difficoltà di trovare un'occupazione, per il carico di debito che si mette sulle spalle delle generazioni future, per l'incapacità del paese di affrontare una pandemia prevista e annunciata. Stiamo vivendo già in un tempo, in cui possiamo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti vicini e lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona. Certo che la nostra vita è migliorata, ma ho l'impressione che spesso noi ci dimentichiamo come eravamo, eppure solo 30/40 anni fa era ricco chi aveva un telefono in casa, chi aveva un televisore, chi aveva una lavatrice. A metà del secolo scorso i telefoni erano presenti nel 10% delle case. In non molte case c'era la macchina da scrivere e oggi questo oggetto è diventato da museo, ascoltavamo la musica attraverso dischi oggi tutto questo lo si fa con il telefonino, così come le fotografie, tutto fa il telefonino, si il telefonino serve anche per telefonare. Le notizie arrivavano mesi dopo, oggi arrivano immediatamente. Anche le fabbriche sono diventate molto diverse, chi pensava di poter lavorare da casa? Noi, la nostra Italia, la vecchia Europa da settant'anni sono in pace, non c'è mai stato un periodo così lungo di tregua tra le nazioni, si ci sono episodi locali di belligeranza ma tutto sommato la pace resiste. Oggi le nostre case sono tutte riscaldate, nessuno più soffre di geloni, la medicina ha fatto progressi enormi e così tanto altro, eppure ci lamentiamo di più dei nostri genitori che avevano poco e dei nostri nonni che non avevano niente. Le libertà conquistate hanno consentito a tante domande di emergere, di soddisfare esigenze sociali, di cambiare la scuola, la sanità, il servizio sanitario nazionale, il sistema di protezione sociale, la pensione sociale divenuta poi assegno sociale e addirittura il reddito di cittadinanza. Tanti cambiamenti eppure non siamo contenti. Ecco in una società che si è trasformata così, perché dimenticare da dove siamo partiti per vivere da poveri/ricchi, incapaci di godere il benessere, di vivere in pace, di avere anche relazioni umane arricchenti, non vivere di insulti, di arroganze e di cattiverie sputate nel Web.
Ecco in una società così, qual è il posto dell'uomo? E quale quello di Dio? E soprattutto come facciamo ad essere uomini e donne cristiani pervasi da un sano ottimismo e quindi capaci di donare speranza?